Ventimiglia non è un ponte


Febbraio 2018, Ventimiglia, ponte sul fiume.

Qualche settimana fa avevo programmato un appuntamento al casello autostradale di Ventimiglia, per aiutare la mia fidanzata nel suo viaggio in auto da Marsiglia a Varese. Per arrivare puntuale all’appuntamento ho preso un treno presto da Milano Centrale la mattina; Arrivato alla stazione di Ventimiglia, ho chiesto indicazioni a un tassista su come arrivare al casello:
“può salire con me sul taxi e sono circa 10 minuti, oppure può andare a piedi ma stia attento e tenga il portafoglio ben stretto in tasca”.
Ho scelto il rischio, e ho fatto la strada a piedi. Per arrivare all’autostrada si costeggia il fiume e quasi subito capisco meglio la frase del tassista: sotto al ponte di Ventimiglia si è creata una vera e propria comunità di stranieri, organizzati in un luogo di passaggio e di accoglienza per coloro che passano di lì in attesa di attraversare la frontiera. Si tratta di molte centinaia di persone di origine africana, organizzati con tende, bancarelle di prodotti in vendita, griglie per la cottura di cibi e materiale vario da campeggio.
Lungo la mia camminata guardo incuriosito il quartiere improvvisato e mi avvicino a un ragazzo chiedendo informazioni sulla strada da percorrere a piedi. Si presenta come “Mike”. Ben vestito, gentile ed esperto della zona, mi suggerisce in un italiano comprensibile di passare sotto al ponte e superare una rete metallica già aperta, per non correre il rischio di andare sulla strada principale dove le auto renderebbero la passeggiata rischiosa. Mike ha fatto un pezzo di strada con me a piedi; riporto il più possibile fedelmente le sue parole, ringraziandolo per la scorciatoia:

“Arrivo dalla Libia, mi chiamo Mike. Volevo andare in Francia ma non riesco più a contattare mio zio, che si trova dalle parti di Lione. Vivo a Ventimiglia da sei mesi insieme ad altre persone. Molto freddo in inverno ma molte persone e anche delle associazioni ci hanno aiutato: giacche, mangiare, coperte, tende. Adesso sono qui e finché non riuscirò a parlare con mio zio resterò in zona, perché non so dove andare. Aiuto le persone che arrivano a sistemarsi: sono quasi tutti soli, che scappano da paesi senza pace. Molti ragazzi, alcuni bambini. Tu sei gentile, per questo ti ho aiutato. Sai io sono arrivato in treno, da Napoli. Tre giorni di viaggio, sempre di nascosto. Ora sono qui e spero di andare via, di costruire qualcosa, di lavorare. Tu hai un lavoro si vede; ne vorrei uno anche io. So cucinare, sono bravo sai?  Ecco guarda: per l’autostrada vai là dietro e sei arrivato. Io mi fermo qui, oggi piove e devo andare a sistemare un gruppo di ragazzi che sono arrivati ieri. Buon viaggio Matteo”

Buon Viaggio Mike!

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