E se qualcuno non volesse farlo?




Cristoforo Colombo nella sua celebre navigazione verso le Americhe celò ai marinai del suo equipaggio le reali distanze percorse. Appuntò nel suo quotidiano diario di viaggio miglia molto inferiori rispetto a quelle reali in modo da non preoccuparli eccessivamente, evitare la rivolta e proseguire il viaggio verso quella meta che lui pensava certa.

A volte capita di avere in mente un sogno e doverlo far “digerire” anche ad altri. La “missione” dell’azienda e i sacrifici del team spesso hanno un risultato atteso stimato, probabile ma non certo.
Ragionando sulla spiaggia nel tentativo di unire alcuni testi letti a esperienze personali, ho pensato a diverse situazioni nelle quali si è costretti a fare qualcosa che non si vorrebbe, o allo stesso modo a far fare a qualcuno qualcosa di cui non vede i vantaggi nel breve periodo.
Ho provato a tirare fuori diverse categorie che mi sembrano comprensive di molte situazioni e ho cercato di sintetizzarle graficamente (alla fine dell’articolo). Ogni suggerimento alla discussione è molto utile.

Il primo che mi è venuto in mente è la venerazione e l’immagine è quella del sovrano illuminato. Immaginiamo Re Michele, persona degna di stima e dalle invidiabili doti di leadership, spirituali e di senso della giustizia. Per i suoi seguaci, per chi lo stima davvero e per coloro che lo amano, una sua indicazione è da eseguirsi per fiducia, per affidamento totale e per rispetto. Alcuni potrebbero non essere convinti ma è probabile che lo facciano comunque, per via delle positive esperienze passate.

Quasi all’opposto sta la sottomissione. L’immagine è quella della schiavitù. Se lo stesso Re Michele appena citato fosse non un sovrano illuminato ma un dittatore senza scrupoli, potrebbe usare la forza, la paura e la violenza come metodo coercitivo. In questo caso la popolazione sarebbe costretta a fare ciò che lui dice, per il timore delle conseguenze negative.

Più sottile è il senso di colpa. Un utile disegno è quello del bambino in spiaggia e della mamma apprensiva. Davanti a me mentre ragionavo su questo, una mamma ripeteva senza sosta al piccolo bambino iperattivo: “ Luigino non correre, perché la mamma si preoccupa. Luigino! Resta qui vicino! Vuoi forse farmi venire un colpo? Luigino! Ma lo vedi come sono sudata per colpa tua? “. Quest’avvertimento continuo fa sentire Luigino in dovere di restare vicino, obbediente e tranquillo. Mentre auguro a Luigino grandi corse senza sosta, vedo spesso come questo meccanismo funzioni egregiamente.  

Nelle arti marziali a volte si vede invece come gli allievi siano a volte in grado di compiere azioni straordinarie attraverso l’Identità personale e di gruppo. L’atleta Giacomo è sul ring, sfiancato e in balia dell’avversario. Il suo coach all’angolo e gli ricorda due cose semplici seppur con parole sempre diverse: “Sei il migliore, devi metterlo ko” e “Sei del team bomba, anche gli altri stanno combattendo con te, fagli onore, fagli vedere chi siamo!” Giacomo si riprende e con un gancio stende l’avversario. Per trovare quelle energie ha dovuto ricordarsi, grazie alle parole dell’angolo, che lui è uno forte, che non ha paura di niente e che con lui ci sono i membri del suo gruppo. Per dimostrare a se stesso e ai suoi pari chi lui fosse davvero, ha compiuto azioni che in quel momento non si sentiva di fare, o per le quali non ne aveva le energie.

L’ultimo infine penso sia semplice e molto diffuso: la ricompensa. Poco efficace nel lungo periodo, è quel caso in cui si fanno azioni o si prende carico di un lavoro per una ricompensa economica o di altro tipo. E’ il caso di un impiegato con molti anni di lavoro alle spalle che ormai ha perso il piacere del lavoro. Si può infatti decidere di continuare a mantenere quella mansione per altri anni in modo da maturare la meritata pensione.

Ora sarebbe utile capire le conseguenze di ognuno ma per questo serve tempo… lo rimando ai prossimi pensieri di spiaggia, sperando in utili contributi.

Commenti