Novelle ritrovate nr.3: Il Professore_2001


IL PROFESSORE


Quel giorno il signor Paolo sembrava in preda a strani pensieri: sicuramente pensava al suo passato ma per quanto roseo questo fosse stato, non riusciva a sentirne la mancanza. Mi ero convinto che da qualche anno aveva dato una svolta vigorosa alla sua esistenza: ora doveva vivere una vita molto semplice e a tratti solitaria ma pareva sentirsi molto bene, come se la felicità gli provenisse da dentro.

Lo conobbi in università, dove era l’addetto alle pulizie del piano terreno. La prima volta che lo vidi frequentavo il primo anno di studi e quello che mi colpì fu la serenità con cui svolgeva un lavoro che i suoi colleghi trovavano ripetitivo e poco gratificante. Durante tutto il giorno percorreva il piano di sua competenza con gli strumenti da lavoro appoggiati sul carrello ordinato e pulito e sembrava provare piacere nel mettere in ordine con cura quello che altri spostavano o sporcavano. Aveva la qualità di trattare come prezioso quello che tutti gli altri consideravano banale. Questa sua premura e delicatezza mi richiamavano spesso alla mente l’immagine di mio fratello, legato a tal punto alla sua casa e ai suoi oggetti da accudirli quotidianamente quasi facessero parte dell’esistenza stessa. Le suppellettili e i soprammobili fanno parte della sua vita passata e assumono grande valore anche se raramente se ne prende cura. Ho ben presente una foto dell’infanzia, una moneta straniera, un braccialetto e un sasso: la cosa importante per mio fratello è quella parte di vita a cui fanno riferimento. Torniamo però al signor Paolo. Dimostrava per il suo lavoro una cura pari a quella che un uomo potrebbe dare a uno di questi oggetti appartenenti alla memoria e questo mi fece nascere un senso di stima. Di lui mi ero fatto un’idea molto precisa, proprio a partire da queste mie supposizioni: doveva aver avuto un passato illustre, probabilmente in ambito universitario. Questo avrebbe spiegato la sua passione per il lavoro e la cura per l’ambiente accademico ma quello di cui ero convinto era che fosse una persona molto intelligente e che avesse intrapreso il nuovo lavoro di addetto alle pulizie per scelta. La mia idea sembrava essere confermata dal rapporto che lo legava ai professori dell’università, gente solitamente schiva che con lui invece si lasciava andare a discrete confidenze. Non era raro infatti vedere i professori salutarlo con cordialità mentre salivano le scale per andare a lezione, magari aggiungendo anche alcune domande quali 

“Hai letto dei nuovi mini-bot Paolo?”, “Hai visto che casino oggi alla riunione del governo?”


Fu all'inizio del secondo anno che conobbi un po’ di più il signor Paolo: la scintilla che mi spinse ad avvicinarmi a lui fu un fatto insolito. Era una mattina d’inverno, io ero particolarmente assonnato. Quella mattina ero arrivato in anticipo in università per controllare alcune faccende burocratiche, quando sentii la voce del signor Paolo provenire dal fondo del corridoio e decisi di avvicinarmi per sentire cosa stesse dicendo. Con mia grande sorpresa stava conversando con il professor Mingherli, docente di psicologia generale e poco amato da noi studenti a causa della difficoltà dei suoi esami. La cosa che mi aveva destato stupore era la cordialità con cui i due conversavano: 



“...e dunque professor Mingherli lei non può essere così arrabbiato oggi, non deve darlo a vedere ai suoi studenti. Loro vengono qui per studiare: se la sua rabbia fa diminuire la qualità delle lezioni, come la mettiamo?”


Il professore con aria stranamente benevola sembrava apprezzare il discorso e con una certa gentile superiorità strinse la mano all'inserviente, quasi a promessa di quanto detto. Non appena il professore si fu allontanato sparendo dietro la porta del suo ufficio, vidi il signor Paolo pulire la maniglia appena impugnata, e mi feci vicino per salutarlo:


“Buongiorno signor Paolo!”

Avrei voluto dire molte altre cose, ma non riuscii a tirare fuori altre parole. Incuriosito dalla voce, egli mise lo straccetto alla sua cintura e mi rispose con gentilezza:

“Buongiorno a lei, le auguro una buona lezione...non avrà mica il professor Mingherli oggi? Sono sicuro che farà una bellissima lezione, le consiglio di andare”

Il tono di allegria con cui mi aveva parlato mi spinse ad aumentare la simpatia della conversazione:

“Le lezioni del professore sono sempre interessanti, ma la materia non è certo bella da studiare!”

Con aria sicura e muovendo le mani Luna verso l’altra mi rispose:

“Vedrà, sono sicuro che andando avanti con lo studio alcuni temi diverranno la sua passione; mi pare lei abbia una certa propensione all'osservazione”.

Un passato da docente avrebbe giustificato anche questo, ma come spiegare la svolta? Non potevo capire il perché di una decisione che da professore porta a diventare inserviente. Dovevo trovare un momento in cui parlare con lui, magari una mattina presto, quando poteva distrarsi per un attimo dall’amato lavoro. L’occasione arrivò qualche mese più tardi, più precisamente una sera in cui mi dirigevo verso la macchina per andare a casa. Il signor Paolo stava uscendo dall’università senza il solito grembiule blu con cui lo avevo sempre visto e con il medesimo passo leggero e svelto con cui lavorava stava andando in direzione della fermata dell’autobus. Con una leggera timidezza nel tono della voce urlai:
“Signor Paolo, aspetti un secondo!”

Lui si voltò e si fermò esattamente nel punto in cui lo avevo visto da lontano. Avvicinatomi gli dissi:

“Posso darle un passaggio a casa se lo desidera, sono in auto”.

Acconsentì con piacere:

“Volentieri, grazie del passaggio ma che sia una cortesia fatta all'uomo e all'inserviente”.

Feci finta di non aver colto questa strana precisazione, e sorrisi annuendo. Entrati in auto insieme mi disse di andare verso piazza Argentina, perché lì si trovava la sua casa. Al primo semaforo gli domandai

“Mi tolga una curiosità: lei ha sempre fatto il lavoro che svolge ora?”

Lui mi parve rattristato, e con tono nuovo mi rispose:

“No figliolo, è da 6 anni che lavoro in università; prima ero professore di filosofia al liceo.”

Dunque avevo ragione! Avevo solo sbagliato il luogo di insegnamento, ma le mie supposizioni erano perfette. A quel punto gli dissi:

“Sa, lo avevo immaginato, ma non riuscivo a spiegarmi come mai era arrivato ad una tale scelta di vita, e dunque non ne ero convinto. Forse per necessità?”

L’aria del signor Paolo si fece contrariata: “Per necessità? Non direi proprio ragazzo, semmai per scelta! Amavo il lavoro da professore ma il modo in cui la gente mi trattava era per così dire scontato.”

Seguì un lungo silenzio, accompagnato solo dal rumore del motore della mia auto; poi d’improvviso riprese:
“Vedi, tu stesso ti sei avvicinato a me con un’aria di superiorità. Non dico che lo dai a vedere, mi sembri un ragazzo cortese e gentile, ma so che dentro di te hai come la consapevolezza di essere qualcosa di meglio rispetto ad un semplice addetto alla pulizia. Quando mi parli ti senti buono e gentile, come facessi una buona azione. Come lo so? Perché questa emozione l’avevo anch’io e perché vedevo che gli altri avevano nei miei confronti la sensazione opposta: mi apprezzavano per il ruolo che occupavo e non sempre per quello che dicevo. Il ruolo e la posizione che le persone occupano porta inevitabilmente ad assumere atteggiamenti che mettono ombra sul valore della persona. Per questo ho cambiato vita!”

Il discorso mi colpì e mi affascinò: mi riconobbi subito in quello che il signor Paolo aveva detto, e ne fui quasi rattristato. Tuttavia sicuro di me risposi:

“Sono in parte d’accordo ma la posizione che una persona occupa dipende anche dalle sue capacità e dal suo valore e dunque è normale che si tenda a ritenere un professore più autorevole di un inserviente.
Per questo forse mi è più facile -dare del tu- a chi chiede la carità al semaforo rispetto che ad un uomo in giacca e cravatta, perché penso che sia una questione di merito, di fatica e capacità.

Il professore si rabbuiò ancora di più, come se io avessi bestemmiato, ma sforzandosi di essere cortese mi disse con tono amichevole:

“E qui sta il tuo errore: lo stipendio, il lavoro e la posizione sociale non c’entrano nulla con le capacità e il valore della persona. Se tu fossi nato in una zona povera dell’Africa, col cavolo che avresti fatto lo studente! Eppure non saresti stato degno di stima per quello che sei? Dici che dai facilmente del tu a chi chiede la carità al semaforo ma davvero pensi che lui sia meno meritevole di un “lei” di un uomo vestito bene che parla l’inglese al cellulare? Cosa ne sai tu del loro valore? Io ho avuto le possibilità per fare il professore e lo facevo con piacere ma ero stanco di essere apprezzato dalla gente che neppure mi conosceva, così come faticavo ad avvicinarmi a tante persone senza avere dentro di me quella sensazione di superiorità. Ora sono un semplice uomo delle pulizie e sono più felice di prima. Molti si stupiscono della mia personalità ma è solo perché non si aspettano molto da chi fa il mio lavoro”

Da tempo ero ormai giunto a destinazione e il nuovo silenzio che seguì al suo monologo fu occasione per chiedere dove dovevo andare ora che ero in piazza Argentina. Il signor Paolo mi indicò il portone, e prima di salire mi domandò:

“Condividi quanto ti ho detto? In ogni caso ti chiedo di non rivelare il mio passato agli altri studenti e di continuare a -darmi del lei- per la mia età, non per la mia vecchia laurea in filosofia.”

Annuii con un sorriso ancora colpito da una scelta come quella e spinto da un’ammirazione nuova e più forte scesi per salutarlo a dovere. Aperta la mia portiera gli strinsi la mano:

“A domani signor Paolo”.

Senza dire nulla mi diede una pacca sulla spalla e se ne andò verso il suo portone, portando con sé un piccolo zaino che fino a quel momento non avevo notato. Nella strada del ritorno ripensai a quanto detto e mi convinsi che aveva ragione e che aveva avuto coraggio. Mi stupiva la forza d’animo con cui aveva scelto di cambiare il lavoro: per essere assunto come inserviente doveva aver presentato un curriculum privo di ogni merito accademico...anzi no...stavo ancora una volta commettendo il solito errore: perché un addetto alle pulizie non poteva essere laureato? Certo sarebbe un fatto poco frequente ma seguendo quanto detto dal signor Paolo non dovevo stupirmi delle qualità delle persone.
Mentre pensavo a questi particolari mi fermai a un semaforo e un signore bussò al mio vetro chiedendomi di pulire il vetro: invece del solito cenno negativo col capo gli dissi 

“Si, grazie” 



e avvicinai alla sua mano cinque euro. 



La cosa strana era che sentivo in me la sensazione di cui parlava il professore mentre avrei dovuto solo conservare la consapevolezza di essere stato più fortunato di lui e di non aver per il momento sprecato l’occasione.

Il giorno dopo tornai in università e sulle scale dell’ingresso vidi il signor Paolo che passava la scopa con la solita precisione, intento a togliere qualche ostica caramella che si era appiccicata al terreno. Gli chiesi a bassa voce se potevo accompagnarlo a casa anche quella sera, e lui mi disse:


“Molto volentieri”. 



Al contrario di quanto potevo immaginare quella sera non si presentò all'appuntamento ma vicino ai suoi attrezzi da lavoro notai un foglio che riportava in bella calligrafia la scritta 



“I tuoi occhi, figliolo, non erano ancora privi di pregiudizio”.


La mattina seguente, senza farmi notare mi avvicinai al suo orecchio e a bassa voce gli sussurrai: 


“Ciao prof, sto studiando per imparare la sua lezione.” 



Lui sorrise e senza guardarmi in viso fece un cenno con la mano che mi invitava simpaticamente ad allontanarmi. Probabilmente divertito dalla mia frase riprese il suo lavoro, attento a rimettere in ordine ciò che gli altri nemmeno guardavano.

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