IL PROFESSORE
Quel
giorno il signor Paolo sembrava in preda a strani pensieri: sicuramente pensava
al suo passato ma per quanto roseo questo fosse stato, non riusciva a sentirne la mancanza. Mi ero convinto che da qualche anno aveva dato una svolta vigorosa
alla sua esistenza: ora doveva vivere una vita molto semplice e a tratti
solitaria ma pareva sentirsi molto bene, come se la felicità gli provenisse da
dentro.
Lo conobbi in università, dove era l’addetto alle pulizie del piano
terreno. La prima volta che lo vidi frequentavo il primo anno di studi e quello che mi
colpì fu la serenità con cui svolgeva un lavoro che i suoi colleghi trovavano ripetitivo e poco gratificante. Durante tutto
il giorno percorreva il piano di sua competenza
con gli strumenti da lavoro appoggiati sul carrello
ordinato e pulito e sembrava provare piacere nel mettere in ordine con cura
quello che altri spostavano o sporcavano. Aveva
la qualità di trattare come prezioso quello
che tutti gli altri consideravano banale.
Questa sua premura e delicatezza mi richiamavano spesso alla mente l’immagine
di mio fratello, legato a tal punto alla sua casa e ai suoi oggetti da
accudirli quotidianamente quasi facessero parte dell’esistenza stessa. Le
suppellettili e i soprammobili fanno parte della sua
vita passata e assumono grande valore anche se
raramente se ne prende cura. Ho ben presente una
foto dell’infanzia, una moneta straniera, un
braccialetto e un sasso: la cosa importante per
mio fratello è quella parte di vita a cui fanno
riferimento. Torniamo però al signor Paolo.
Dimostrava per il suo lavoro una cura pari a quella
che un uomo potrebbe dare a uno di questi oggetti appartenenti alla memoria e
questo mi fece nascere un senso di stima. Di
lui mi ero fatto un’idea molto precisa, proprio a partire da queste mie
supposizioni: doveva aver avuto un passato illustre, probabilmente in ambito
universitario. Questo avrebbe spiegato la sua
passione per il lavoro e la cura per
l’ambiente accademico ma quello di cui ero convinto era che fosse una persona
molto intelligente e che avesse intrapreso il nuovo lavoro di addetto alle
pulizie per scelta. La mia idea sembrava essere confermata dal rapporto che lo
legava ai professori dell’università, gente solitamente schiva che con lui invece
si lasciava andare a discrete confidenze. Non era
raro infatti vedere i professori salutarlo con cordialità mentre salivano le
scale per andare a lezione, magari aggiungendo anche alcune domande quali
“Hai
letto dei nuovi mini-bot Paolo?”, “Hai visto che casino oggi alla riunione del
governo?”
Fu all'inizio del secondo anno che conobbi un po’ di più il signor Paolo: la scintilla che mi spinse ad
avvicinarmi a lui fu un fatto insolito. Era
una mattina d’inverno, io ero particolarmente
assonnato. Quella mattina ero arrivato in anticipo in università per
controllare alcune faccende burocratiche, quando sentii la voce del signor
Paolo provenire dal fondo del corridoio e decisi di avvicinarmi per sentire
cosa stesse dicendo. Con mia grande sorpresa stava conversando con il professor
Mingherli, docente di psicologia generale e poco amato da noi studenti a causa
della difficoltà dei suoi esami. La cosa che mi aveva destato stupore era la
cordialità con cui i due conversavano:
“...e
dunque professor Mingherli lei non può essere così arrabbiato oggi, non deve darlo a vedere ai suoi studenti.
Loro vengono qui per studiare: se la
sua rabbia fa diminuire la qualità delle lezioni, come la mettiamo?”
Il professore con aria stranamente benevola sembrava
apprezzare il discorso e con una certa gentile superiorità strinse la mano
all'inserviente, quasi a promessa di quanto detto. Non appena il professore si fu allontanato sparendo dietro
la porta del suo ufficio, vidi il signor Paolo pulire la maniglia appena
impugnata, e mi feci vicino per salutarlo:
“Buongiorno
signor Paolo!”
Avrei
voluto dire molte altre cose, ma non riuscii a tirare fuori altre parole.
Incuriosito dalla voce, egli mise lo straccetto alla sua cintura e mi rispose
con gentilezza:
“Buongiorno
a lei, le auguro una buona lezione...non avrà mica il professor Mingherli oggi?
Sono sicuro che farà una bellissima lezione, le consiglio di andare”
Il
tono di allegria con cui mi aveva parlato mi spinse ad aumentare la simpatia
della conversazione:
“Le
lezioni del professore sono sempre interessanti, ma la materia non è certo
bella da studiare!”
Con
aria sicura e muovendo le mani Luna verso l’altra mi rispose:
“Vedrà,
sono sicuro che andando avanti con lo studio alcuni temi diverranno la sua
passione; mi pare lei abbia una certa propensione all'osservazione”.
Un
passato da docente avrebbe giustificato anche questo, ma come spiegare la
svolta? Non potevo capire il perché di una decisione che da professore porta a
diventare inserviente. Dovevo trovare un momento in cui parlare con lui, magari
una mattina presto, quando poteva distrarsi per un attimo dall’amato lavoro.
L’occasione arrivò qualche mese più tardi, più
precisamente una sera in cui mi dirigevo verso la macchina per andare a casa.
Il signor Paolo stava uscendo dall’università senza il solito grembiule blu con
cui lo avevo sempre visto e con il medesimo passo leggero e svelto con cui
lavorava stava andando in direzione della
fermata dell’autobus. Con una leggera timidezza nel tono della voce urlai:
“Signor
Paolo, aspetti un secondo!”
Lui
si voltò e si fermò esattamente nel punto in
cui lo avevo visto da lontano. Avvicinatomi gli dissi:
“Posso darle un passaggio a casa se lo desidera, sono in auto”.
Acconsentì con piacere:
“Volentieri,
grazie del passaggio ma che sia una cortesia fatta all'uomo e all'inserviente”.
Feci
finta di non aver colto questa strana precisazione, e sorrisi annuendo. Entrati in auto insieme mi disse di andare verso piazza
Argentina, perché lì si trovava la sua casa. Al primo semaforo gli domandai
“Mi
tolga una curiosità: lei ha sempre fatto il lavoro che svolge ora?”
Lui
mi parve rattristato, e con tono nuovo mi rispose:
“No
figliolo, è da 6 anni che lavoro in università; prima ero professore di
filosofia al liceo.”
Dunque
avevo ragione! Avevo solo sbagliato il luogo di insegnamento, ma le mie
supposizioni erano perfette. A quel punto gli dissi:
“Sa,
lo avevo immaginato, ma non riuscivo a spiegarmi come mai era arrivato ad una
tale scelta di vita, e dunque non ne ero convinto. Forse per necessità?”
L’aria
del signor Paolo si fece contrariata: “Per necessità? Non direi proprio
ragazzo, semmai per scelta! Amavo il lavoro da professore ma il modo in cui la
gente mi trattava era per così dire scontato.”
Seguì
un lungo silenzio, accompagnato solo dal rumore del motore della mia auto; poi
d’improvviso riprese:
“Vedi,
tu stesso ti sei avvicinato a me con un’aria di superiorità. Non dico che lo
dai a vedere, mi sembri un ragazzo cortese e gentile, ma so che dentro di te hai
come la consapevolezza di essere qualcosa di meglio rispetto ad un semplice
addetto alla pulizia. Quando mi parli ti senti buono e gentile, come facessi
una buona azione. Come lo so? Perché questa emozione l’avevo anch’io e perché
vedevo che gli altri avevano nei miei confronti la sensazione opposta: mi
apprezzavano per il ruolo che occupavo e non sempre per quello che dicevo. Il ruolo e la posizione
che le persone occupano porta inevitabilmente ad
assumere atteggiamenti che mettono ombra sul valore
della persona. Per questo ho cambiato vita!”
Il
discorso mi colpì e mi affascinò: mi riconobbi subito in quello che il signor
Paolo aveva detto, e ne fui quasi rattristato. Tuttavia sicuro di me risposi:
“Sono
in parte d’accordo ma la posizione che una persona occupa dipende anche dalle sue capacità e dal suo valore e dunque è normale che
si tenda a ritenere un professore più autorevole di un inserviente.
Per
questo forse mi è più facile -dare del tu- a chi chiede la carità al semaforo
rispetto che ad un uomo in giacca e cravatta, perché penso che sia una
questione di merito, di fatica e capacità.
Il
professore si rabbuiò ancora di più, come se io avessi bestemmiato, ma
sforzandosi di essere cortese mi disse con tono amichevole:
“E
qui sta il tuo errore: lo stipendio, il lavoro e la posizione sociale non
c’entrano nulla con le capacità e il valore della persona. Se tu fossi nato in
una zona povera dell’Africa, col cavolo che avresti fatto lo studente! Eppure
non saresti stato degno di stima per quello che sei? Dici che dai facilmente
del tu a chi chiede la carità al semaforo ma davvero pensi che lui sia
meno meritevole di un “lei” di un uomo vestito bene
che parla l’inglese al cellulare? Cosa ne sai tu del loro valore? Io ho avuto
le possibilità per fare il professore e lo facevo con piacere ma ero stanco di
essere apprezzato dalla gente che neppure mi conosceva, così come faticavo ad
avvicinarmi a tante persone senza avere dentro
di me quella sensazione di superiorità. Ora sono un semplice uomo delle pulizie
e sono più felice di prima. Molti si stupiscono della mia personalità ma è solo
perché non si aspettano molto da chi fa il mio lavoro”
Da
tempo ero ormai giunto a destinazione e il nuovo silenzio che seguì al suo
monologo fu occasione per chiedere dove dovevo andare ora che ero in piazza
Argentina. Il signor Paolo mi indicò il portone, e prima di salire mi domandò:
“Condividi
quanto ti ho detto? In ogni caso ti chiedo di non rivelare il mio passato agli
altri studenti e di continuare a -darmi del lei- per la mia età, non per la mia
vecchia laurea in filosofia.”
Annuii con un sorriso ancora colpito da una scelta come quella e spinto da un’ammirazione nuova
e più forte scesi per salutarlo a dovere. Aperta la mia portiera gli strinsi la
mano:
“A domani signor Paolo”.
Senza dire nulla mi diede una pacca sulla spalla e se ne
andò verso il suo portone, portando con sé un piccolo zaino che fino a quel
momento non avevo notato. Nella strada del
ritorno ripensai a quanto detto e mi convinsi che aveva ragione e che
aveva avuto coraggio. Mi stupiva la forza d’animo con cui aveva scelto di cambiare il lavoro:
per essere assunto come inserviente doveva aver presentato un curriculum privo
di ogni merito accademico...anzi no...stavo ancora una volta commettendo il
solito errore: perché un addetto alle pulizie non poteva essere laureato? Certo
sarebbe un fatto poco frequente ma seguendo
quanto detto dal signor Paolo non dovevo stupirmi delle qualità delle persone.
Mentre
pensavo a questi particolari mi fermai a un semaforo e un signore bussò al mio vetro chiedendomi di pulire il
vetro: invece del solito cenno negativo col capo gli dissi
“Si, grazie”
e avvicinai alla sua mano cinque euro.
La cosa strana era che sentivo in me la sensazione di
cui parlava il professore mentre avrei dovuto solo conservare la consapevolezza
di essere stato più fortunato di lui e di non aver per il momento
sprecato l’occasione.
Il giorno dopo tornai in università e sulle scale dell’ingresso vidi il signor Paolo che
passava la scopa con la solita precisione, intento a togliere qualche ostica
caramella che si era appiccicata al terreno. Gli chiesi a bassa voce se potevo
accompagnarlo a casa anche quella sera, e lui mi disse:
“Molto volentieri”.
Al contrario di quanto potevo immaginare quella sera
non si presentò all'appuntamento ma vicino ai
suoi attrezzi da lavoro notai un foglio che
riportava in bella calligrafia la scritta
“I tuoi occhi,
figliolo, non erano ancora privi di pregiudizio”.
La
mattina seguente, senza farmi notare mi avvicinai al suo orecchio e a bassa voce gli sussurrai:
“Ciao prof, sto
studiando per imparare la sua lezione.”
Lui sorrise e senza guardarmi in viso fece un cenno
con la mano che mi invitava simpaticamente ad allontanarmi. Probabilmente
divertito dalla mia frase riprese il suo lavoro, attento a rimettere in ordine ciò che gli altri nemmeno
guardavano.
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