Ti sei presentato con eleganza,
modi gentili e un’eccessiva galanteria. Hai telefonato e hai chiesto di avere
un colloquio con la direzione senza specificare l’oggetto della
discussione. Dopo qualche insistenza
telefonica ti sei lasciato andare e hai specificato di essere un avvocato,
incaricato di mediazione da parte di un tuo cliente e che lo studio per cui
lavori si occupa di M&A. In altre parole, sei stato incaricato di fare
un’offerta per la nostra azienda agricola, per conto di un tuo cliente.
Interessante, mi sono detto!
Siamo arrivati al colloquio in
qualche giorno e il tuo fare elegante è d’improvviso cambiato; motorino,
abbigliamento informale, colloquio all’aperto e breve passeggiata sotto al tuo
studio. Nei primi dieci minuti hai parlato solo tu, e nei successivi quindici
anche. Hai proposto indici e cifre standard, con “moltiplicatori” di settore e
nessuna domanda su cosa io faccia. Mi sono sentito come Artemio nella città di
Milano quando deve attraversare piazzale San Babila e la vigilessa con il
fischietto prova a suggerire il percorso. Sei venuto a comprare il mio terreno,
i miei animali e il mio trattore al prezzo di mercato, ammettendo con orgoglio
che lo avresti arricchito e fatto fruttare per poi rivenderlo dopo cinque anni
per fare un’operazione lampo.
Tu gestisci la compravendita di
aziende e lo fai sicuramente benissimo ma la storia della campagna è diversa; vieni
qui a lavorare per capire cosa vuol dire, metti le mani nella terra per
assaggiare il valore. Noi non facciamo il nostro lavoro per l’utile netto né per
l’EBITDA e nemmeno per la redditività. Lo facciamo perché è parte della nostra
identità, della nostra integrità; un nuovo cliente potenziale è per te
interessantissimo mentre per me può essere un fastidio, una rinuncia alla
qualità del mio tempo e un colpo basso ai miei clienti abituali. Come potrei vendere
la Milinga, che da anni vive con noi in stalla e fa il latte per tutto il paese?
Cosa faccio poi io con i soldi che mi dai quando vado al bar e non ho più nulla
da raccontare ai miei amici? Compratela tu la macchina decapottabile, io ho da
fare. Ti ho ringraziato e ti ho invitato a venire a vedere la mia terra per
farti vedere come le cose di valore non abbiano un prezzo di mercato; ancora ti
sto aspettando e spero tu venga senza cravatta, non ti sarebbe utile. Sarebbe fantastico
se venissi con il tuo cliente che compra i terreni, lui forse è più bravo di te
ancora a fare affari.
Sono solo un contadino felice,
lasciatemi stare.
E' vero Matteo. La felicità è interiore, non esteriore. Non dipende da ciò che abbiamo, ma da ciò che siamo.
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